Stress: sempre dannoso?
Non possiamo evitare lo stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace e trarne vantaggio imparando di più sui suoi meccanismi e adattando a esso la nostra filosofia di vita.
(H. SELYE 1974)
Dalle cose che stiamo dicendo, potremmo farci l’idea che il binomio stress/stressor, oltre che inevitabile, sia in primo luogo una cosa assolutamente da eliminare dalle nostre vite. Cosa, in realtà, impossibile. Se guardiamo, ora, al grafico seguente, possiamo scoprire alcune cose interessanti.
Il primo luogo la qualità della prestazione è in relazione con il grado di attivazione, nel senso che, almeno fino ad un certo punto, con l’aumentare dello stress aumenterà anche la qualità della prestazione. Facciamo un esempio: se devo preparare una relazione a un congresso medico internazionale, la paura di fare una brutta figura (stressor) mi porterà a essere “adrenalinico” e a lavorare anche di notte, se necessario, per realizzare una relazione interessante. Se, però, la preoccupazione è vissuta come eccessiva, questa sarà paralizzante e la qualità della mia relazione stessa sarà obbligatoriamente scarsa. In sostanza lo stress è necessario ma non deve superare un certo livello, soggettivo, oltre il quale si assiste a un risultato insoddisfacente. D’altra parte, se non c’è un minimo di attivazione, anche in questo caso tenderò a non sfruttare appieno le mie possibilità con risultati deludenti. Dunque, lo stress, se non eccessivo, deve essere considerato come una condizione capace addirittura di migliorare le prestazioni dell’individuo. Infatti, soggetti attivati rendono meglio degli individui eccessivamente rilassati. Questo è stato dimostrato essere vero anche negli sportivi professionisti. Tanto che molte squadre del NBA (National Basket League) la serie A di Pallacanestro americana hanno un istruttore di Mindfulness nello staff tecnico.
Possiamo, dunque, dire che il problema centrale non è presenza o assenza di stress e stressor quanto piuttosto di equilibrio tra risorse disponibili e impegno richiesto dallo stressor. Seyle, che ormai abbiamo imparato a conoscere, ben sintetizza quanto abbiamo detto con l’affermazione che abbiamo posto all’inizio di questa sezione.
Non solo, ma è anche stato dimostrato che le tecniche di gestione dello stress determinano una modificazione della curva che abbiamo precedente visto. Nel grafico si vede chiaramente, con la linea blu, come il punto più alto della prestazione si ottenga per valori di stress superiori a quanto previsto in condizioni normali. In gergo si dice che la curva si sposta a destra.
Imparare a gestire lo stress ci permette non solo di ottenere migliori risultati anche in loro presenza, ma renderci più resistenti agli effetti dello stressor. A parità di stress avremo, infatti, minori effetti psichici e somatici con migliori prestazioni.
Abitualmente siamo portati a pensare di doverci adattare al binomio stress/stressor soprattutto in termini di aumentare le risorse che a vario livello mobilizziamo nell’affrontarlo, ma, come abbiamo visto, le nostre risorse sono limitate. In effetti, il procedimento dovrebbe essere rovesciato: modificare la nostra resistenza utilizzando delle tecniche che ci permettano di padroneggiare le conseguenze dello stress sul nostro organismo.